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Pensieri intorno a “Primo amore”, un film di Matteo Garrone del 2004

Bisogna prima togliere tutto e quando non c’è più niente dopo cominci a raschiare con calma e non butti  via niente, raccogli tutto in dei sacchi e dopo lo porti a bruciare e lo stesso resta ancora qualcosa.

Dopo che hai bruciato tutto restano le ceneri e poi si fondono le ceneri e finalmente resta solo quello che è prezioso, quello che conta veramente.

 

Potrebbe essere un inno alla perfezione. Anche i grandi scultori dicevano che perché una statua fosse perfetta non c’era bisogno di aggiungere niente, ma bastava semplicemente togliere tutto il superfluo.

Potrebbe anche essere la colonna sonora di una vita nell’anoressia, ricercando ciò che conta veramente nel resto del resto di ciò che rimane…

Vittorio e Sonia si conoscono grazie a un annuncio su un giornale inserito da lui, nella ricerca della sua donna ideale. La loro relazione stenta un po’ ad avviarsi a causa del corpo di lei, che non risponde perfettamente alle esigenze di Vittorio: è troppo grassa.

Poi però continuano a frequentarsi, si affezionano, si innamorano di una passione così travolgente che adempiono al tacito patto per cui Vittorio farà di tutto per modellare Sonia e lei glielo permetterà. Talmente rigide sono le regole da rispettare e talmente martellante l’ossessione dell’ideale da raggiungere che i due si chiudono nella loro stessa prigione che finirà per isolarli dal resto del mondo. Gradualmente si sfilacceranno le loro relazioni, perderanno il lavoro, perderanno di vista ciò che è per loro importante, perderanno di vista se stessi.

Una rappresentazione cruda e anche violenta del devastante quotidiano conflitto interno di un’anoressica.

La lotta perenne fra la testa e il corpo, fra la spinta del desiderio e il terrore del peccato, fra il sintomo e il soggetto che lo porta. E se ne innamora a tal punto da far fare di sé ciò che esso vuole.

Vittorio, a mio parere, altro non riflette che la parte sintomatica di Sonia, quella adibita al conteggio delle calorie, al controllo, alla punizione, nella ricerca di un ideale inesistente a partire dal raggiungimento del quale sarà possibile cominciare a vivere. Non c’è consapevolezza che invece il cammino verso quell’ideale è un cammino mortifero.

Sonia è il soggetto anoressico, identificato a tal punto con il sintomo da non riuscire più a pensarsi senza. E infatti, solo nel momento in cui Sonia si accorge che qualcosa si è incrinato nel suo rapporto simbiotico con Vittorio, e quindi con il sintomo, solo a quel punto vorrebbe liberarsene, ma non ci riesce e chiede a lui di lasciarla andare.

Difficile però separarsi se l’uno non è niente senza l’altra: “Non sei ancora un cazzo, Sonia. Neanch’io sono più un cazzo se tu te ne vai… Non posso lasciarti andare”.

Se non ci fosse Sonia, Vittorio non sarebbe più niente. Senza il soggetto, il sintomo non esisterebbe. Per questo il sintomo non se ne andrà mai da solo, ma il soggetto potrà, anche se con grande spesa in termini di sofferenza, liberarsene.

Sonia sarà sempre Sonia, anche senza Vittorio. Se l’individuo si spoglia del sintomo, l’individuo resta.

 

Dott.ssa Francesca Donati