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Corpo, corporeità, alimentazione – Equipe CPF

Questo scritto, dal titolo “Corpo, corporeità ed alimentazione” vuole affrontare il tema del corpo secondo tre accezioni differenti:

 

 Il corpo adolescenziale in quanto fulcro di cambiamenti strutturali e sconvolgimenti fisiologici.

 La corporeità, nel senso di tutto ciò che è corporeo. Saranno affrontati temi quali l’ideale estetico, la cura del corpo e il valore che la cultura gli attribuisce.

L’alimentazione, ponendo attenzione al significato culturale e storico di questa e a come diviene un perno significante nelle dimensioni quali, l’identità soggettiva, l’immagine corporea ed il rapporto con l’altro.

 

Tutti noi abbiamo un corpo; cresciamo, viviamo, comunichiamo e ci identifichiamo con l’immagine che lo specchio ci rimanda. La centralità dell’importanza che attribuiamo all’immagine corporea si riflette principalmente nel rapporto con gli altri, se siamo felici esprimiamo questo stato d’animo anche agli altri curando la nostra persona ad esempio nell’abbigliamento e nell’acconciatura.

Viceversa se il nostro umore è depresso, l’aspetto estetico, le relazioni sociali e per alcuni anche l’alimentazione ne risentono.

Il corpo, assume quindi nella vita di ciascuno, molteplici significati dei quali siamo più o meno a consapevoli, e più di tutti veicola la rappresentazione di se stessi nel rapporto con gli altri. Conoscere il proprio corpo, significa dunque anche riconoscere i segnali e gli stimoli che esso continuamente emana come la fame, la sete, il sonno, il freddo, l’eccitazione, il dolore che richiedono la messa in atto di comportamenti che ne plachino lo stato di bisogno. Ciò che caratterizza l’adolescenza é la trasformazione del corpo infantile in un corpo nuovo, in un corpo adulto.

Il corpo è dunque il fulcro dell’adolescenza, ed anche se esso esiste da prima della pubertà, è solo in questa età che esso si struttura nella sua forma e nella sua identità.

Le modificazioni somatiche visibili ed invisibili, derivanti dallo sconvolgimento fisiologico, richiedono il riconoscimento di questo corpo nuovo, differente da quello infantile.

Tra i primi segnali e le modificazioni fisiche, visibili all’esterno intercorrono però dei passaggi importanti che quasi mai trovano il tempo di essere elaborati, e che per questo producono ansia o sentimenti di inadeguatezza.

Lo specchio rimanda i tratti del viso, la struttura del corpo, che via via si fa più decisa, e non c’è più possibilità né illusione di cambiamento. Questo delicato momento di crisi fisiologica può essere accompagnata da sentimenti inquietanti, angoscianti ed esaltanti allo stesso tempo, poiché l’adolescente sente il proprio corpo come estraneo, sconosciuto, ricco di potenzialità, ma anche carico di pericoli.

Diventare un corpo adulto, è dunque, una dura prova che non coinvolge solo la fisicità, ma anche la mente, le emozioni e tutto l’essere nella sua totalità.

Questi cambiamenti, che riguardano in primo luogo la perdita del corpo infantile per acquisire la maturazione genitale con la relativa capacità di procreare, può spaventare molto ed indurre i giovani a produrre comportamenti difensivi che possono spaziare dai disturbi alimentari, che bloccano il processo di crescita, ad agiti depressivi sino a comportamenti antisociali. Le modificazioni corporee sono anche accompagnate da spirito di ribellione nei confronti degli adulti, finalizzato in genere alla ricerca dell’emancipazione dalle figure genitoriali, per poter acquisire autonomia e indipendenza. Gli investimenti affettivi sono per lo più trasferiti sui coetanei. I rapporti con essi, acquistano più importanza rispetto a periodi precedenti per la comune condivisione di ideali, valori, sentimenti, paure e progetti.

I coetanei nell’adolescenza, diventano dunque un punto di riferimento importante con i quali ci si identifica, sia per la costruzione dell’identità che del concetto di sé, e nei casi migliori, riempiono un vuoto che l’incomprensione della famiglia può generare.

Le modificazioni somatiche dell’adolescenza, si riflettono anche nelle richieste di comportamenti sempre più autonomi che l’ambiente sociale si attende dal giovane, ed è forse per questa ragione che l’adolescente, tramite scelte e decisioni cerca l’apprezzamento sociale dei suoi comportamenti. Una buona conoscenza di sé e la capacità di affidarsi a figure care di riferimento nei momenti più difficili, possono essere di aiuto e facilitare il superamento di questa particolare fase della vita.

Con il termine corporeità s’intende tutto ciò che è corporeo, e l’abbigliamento, lo sport o le pratiche del tatuaggio sembrano ben esprimere la manifestazione che ognuno fa all’esterno della propria corporeità.

I giovani sono molto attenti ai cambiamenti del loro aspetto fisico ed alle risposte che il mondo esterno o le persone particolarmente significative, danno al loro sviluppo.

I cambiamenti (fisici, essendo visibili), fanno si che l’adolescente sia trattato dalle persone che lo circondano, famigliari o estranei, in modo differente da com’era stato trattato da bambino.

Queste modificazioni sono dunque di notevole importanza, sia perché il giovane deve, in primo luogo, fare i conti, il proprio corpo che, in seguito allo sviluppo, diviene improvvisamente estraneo, sia perché la maturazione sessuale permette ulteriormente di entrare a far parte del mondo dell’adulto.

Le trasformazioni corporee quindi, possono essere vissute positivamente o negativamente secondo la capacità del soggetto di elaborare l’immagine corporea che aveva di sé prima della pubertà e di prendere coscienza del nuovo corpo sessuato.

In tutte le società esistono delle caratteristiche fisiche considerate desiderabili, ad esempio l’altezza, la bellezza, la snellezza che, anche se non imposte culturalmente incidono sulla valutazione dell’ideale di bellezza.

L’eccessiva valutazione che i giovani adolescenti, durante lo sviluppo, danno all’aspetto fisico rispecchia forse l’angoscia reale relativa alla differenza percepita fra corpo reale e corpo vissuto. Quando lo sviluppo delle varie parti del corpo diviene più armonico sembra che l’attrattiva per le ragazze e l’efficacia fisica per i ragazzi diventi fondamentale.

Gli ideali di bellezza vigenti nella cultura allora vengono probabilmente accettati e perseguiti dai giovani che cominciano a valutarsi più o meno attraenti se le caratteristiche fisiche individuali corrispondono ai canoni di bellezza comunemente condivisi.

La questione estetica, essere cioè belli o brutti, relativa al corpo diviene nell’adolescente fondamentale, in primo luogo fra i pari, che fanno coincidere la valutazione positiva individuale con il grado di gradevolezza fisica: coloro che vengono valutati come belli vengono probabilmente anche giudicati come efficienti.

Alcuni adolescenti possono però sentire come reale la paura di avere qualcosa di anomalo nel proprio aspetto fisico forse perché non riescono ad accettare il proprio corpo o perché presi in giro per qualche motivo dai coetanei al punto da divenire profondamente insoddisfatti ed insicuri della propria immagine corporea. In questa categoria di giovani rientrano maggiormente coloro che soffrono di anoressia o di bulimia.

In genere, comunque, gli adolescenti superano l’ansia di avere qualcosa di anomalo nel proprio aspetto fisico ed acquistano fiducia stima e sicurezza in se stessi. L’ossessione del culto del corpo diviene quindi fondamentale per chi predilige l’apparire all’essere.

L’esigenza di apparire, secondo alcuni studiosi, è una peculiarità delle società occidentali, di quelle odierne culture dell’immagine sempre più orientate all’assimilazione degli ideale e dei valori estetici di bellezza snellezza e perfezione corporea.

Il corpo e la cura di esso attraverso l’attività sportiva, l’alimentazione sana e le manie salutiste hanno convogliato molti adepti.

L’immagine del corpo sano e bello è dunque diventata, indistintamente per uomini e donne, una necessità irrinunciabile; sembra, infatti, di essere circondati da un’atmosfera in cui predomina l’apparire sull’essere, la ricerca cioè di un’immagine rassicurante e felice.

La pressione dell’apparire è comunque sentita particolarmente solo da chi ha un’effettiva mancata valutazione realistica delle condizioni del proprio corpo.

La mania delle diete e dell’attività fisica è dunque un fenomeno di moda che a livello di rapporti sociali producono coesione, attraverso l’imitazione di quanti si trovano allo stesso livello sociale ed esclude tali gruppi dagli altri gruppi che non si adeguano a questi stili di comportamento.

Prendendo come esempio la logica pubblicitaria si farà caso a come questa sfrutti spesso l’immagine bella e vincente di uomini e di donne per presentare dei prodotti al fine di ottenere dei vantaggi di vendita.

In realtà ciò che maggiormente influenza l’acquirente non è il prodotto in sé ma la bellezza dell’immagine proposta.

Questa logica di mercato, quindi, influenza chi è meno sicuro di se stesso o desideri essere diverso da ciò che è.

L’influenza dei mass media trova in questi soggetti insicuri e insoddisfatti un terreno fertile forse perché è maggiore in loro l’ambizione per il successo, per il riscatto sociale e il desiderio di essere apprezzati dagli altri.

A questo punto non sembrerà azzardato affermare che nelle società industrializzate gli ideali di bellezza magrezza e della cultura del corpo sembrano essere divenuti dei veri e propri imperativi. L’evoluzione dell’interesse per gli aspetti estetici delle dimensioni corporee non è sempre stata presente nella nostra cultura; è solo dagli anni ’60 a oggi che il corpo ha assunto un valore importantissimo e parallelamente si sono anche diffuse le diete e l’attività fisica quali strumenti atti a raggiungere la perfezione corporea.

L’ossessiva ricerca della magrezza attraverso le diete, un’estenuante attività sportiva ed eventuali interventi chirurgici rappresentano un’insoddisfazione di sé più che una ricerca di un corpo bello e sano.

La pratica di sport che maggiormente enfatizzano il corpo, come il culturismo, può essere pensato come una disciplina in cui vi è una forte presenza di elementi estetiche e le motivazioni verso questo tipo di attività sportiva sembrano presupporre in primo luogo un certo grado di narcisismo e di esibizionismo centrato sulla corporeità.

Non si deve pensare che il cercare di raggiungere modelli di perfezione assoluta appartenga solo al mondo femminile; la cultura dell’immagine si è, infatti, diffusa indistintamente tra uomini e donne. È dunque il giudizio sociale relativo all’apparire piuttosto che all’essere che condiziona la valutazione che ogni individuo ha di se stesso.

Alcuni gruppi sociali, quindi, indipendentemente dall’età, dal sesso e dalla professione, prediligono la cura ossessiva del corpo altri invece valorizzano aspetti differenti per dare risalto alla propria corporeità.

Tatuaggi e piercing ad esempio, sempre più in voga tra la popolazione esprimono un nuovo fenomeno di moda e di costume che coinvolge in primo luogo il corpo fisico.

Come per lo sport, ricorre al tatuaggio chi mostra un forte interesse e cura per il proprio corpo, un autocompiacimento di tipo narcisistico. Il desiderio di tatuarsi, esploso negli anni ’90, sembra rappresentare una scelta di stile di vita personale. I soggetti che ricorrono alla pratica del tatuaggio lo fanno per raccontare qualcosa di sé, per esprimere i propri sentimenti, per manifestare attraverso un segno visibile, qual è il tatuaggio, un cambiamento interiore e più di tutto per abbellire il proprio corpo.

Sport, tatuaggi ed anche l’abbigliamento rappresentano dunque delle tattiche utili per produrre negli altri impressioni positive, esibendo la propria corporeità o tutto ciò che riesca a enfatizzarla.

Per quanto concerne l’abbigliamento, esibire capi che suggeriscono il raggiungimento di mete socialmente desiderabili può contribuire al mantenimento dell’autostima e al sentimento di affiliazione verso gruppi che l’individuo ritiene significativi.

L’alimentazione è strettamente collegata con l’argomento del corpo e della corporeità.

Sebbene l’alimentazione rappresenti una necessità fisiologica indispensabile per la nostra sopravvivenza, il comportamento alimentare viene ad assumere significati psicologici rilevanti e differenti in ogni età dello sviluppo.

Pensiamo, ad esempio, a quanto sia fondamentale che una madre allatti il proprio figlio, non solo per garantire la sopravvivenza del piccolo attraverso l’alimentazione, quanto per stabilire attraverso il contatto corporeo un rapporto privilegiato di affetto tra madre e figlio.

Questo momento rappresenta il precursore del nostro rapporto con il cibo. Trarremo, infatti, soddisfazione o insoddisfazione dal cibo a seconda che il momento dell’allattamento sia stato per noi positivo o negativo.

Altro momento fondamentale è rappresentato dal periodo che va dalla pre-adolescenza all’adolescenza. In questa epoca si realizza, infatti, la ristrutturazione dell’identità corporea, in relazione ai rapidi e molteplici cambiamenti somatici legati allo sviluppo sessuale.In questo periodo il cibo acquista particolare rilevanza, poiché esso è un mezzo per intervenire sul proprio aspetto fisico per renderlo più accettabile o più desiderabile.

Nella nostra cultura la positività dell’immagine fisica è data soprattutto dalla magrezza e dall’apparire rispetto all’essere, l’esteriorità rispetto all’interiorità.

Il corpo e l’aspetto estetico, acquistano quindi, una grandissima importanza e su di essi si vengono a concentrare anche le insoddisfazioni e le ansie che l’adolescente può vivere in altri campi.

L’essere attraenti e conformi alle norme sociali di magrezza, diventa allora, una condizione per essere accettati dal gruppo e per avere relazioni sociali, affettive e sessuali con i coetanei.

La dieta sembra però rappresentare anche il tentativo di sperimentare se stessi attraverso il controllo di sé e del proprio corpo, attraverso azioni trasgressive nei confronti dei genitori e del mondo infantile da essi rappresentato: poiché i genitori sono stati la fonte del cibo e delle regole di condotta, ora i ragazzi esprimono alcuni il proprio distacco attraverso il rifiuto del cibo, altri attraverso condotte trasgressive spesso attuate in gruppo.

Un altro modo per esprimere il proprio disagio, è rappresentato dall’alimentazione consolatoria, ossia mangiare senza aver fame.

Questo comportamento, rappresenta una modalità fallimentare rispetto alle condotte trasgressive, ma funzionali per contrastare sentimenti depressivi, di solitudine, di scoraggiamento a situazioni vissute come stressanti ed al di là delle proprie capacità di risoluzione. (Frequenti sono anche l’abuso di alcol e di altre sostanze psicoattive).

Coloro che dunque ricorrono a questo tipo di alimentazione, si sentono insicuri di sé, con uno scarso senso di efficacia personale ed incerti sul proprio futuro. Essi, probabilmente, vivono la scuola come inutile e si limitano per lo più ad attività solitarie e sedentarie.

Questi adolescenti, ricercano ed attribuiscono molto valore all’autonomia, ma sembrano non riuscire a realizzarla. Anoressia e bulimia, dunque, come espressione di un disagio, sarebbe maggiormente frequente nelle femmine, mentre nei maschi il disagio personale e relazionale si manifesta maggiormente con comportamenti attivi, rivolti all’esterno, socialmente visibili e rilevanti, per lo più attuati in gruppo. Le ragazze quindi, sembrano scegliere di più comportamenti solitari, autolesivi e punitivi nei confronti di sé e del proprio corpo.

Questo atteggiamento, appare legato sia ai diversi modelli di socializzazione nei due sessi, che ai problemi dello sviluppo dell’Identità femminile e dell’accettazione di sé, soprattutto sul piano fisico, a cui non sono estranei i modelli esasperati e contradditori offerti dai mezzi di comunicazione di massa.

Il fatto, però, che l’alimentazione, come mezzo per controllare il proprio aspetto fisico, abbia assunto un significato rilevante nelle culture occidentali, rappresenta l’espressione del benessere raggiunto da questa società, che tendono all’aggregazione dei vari individui attraverso la politica del consumo (sia esso materiale che alimentare).

E’ quindi, impensabile credere che nei paesi del Terzo Mondo si pratichi il controllo dell’alimentazione, per raggiungere l’ideale estetico della magrezza, sia per le minori risorse nutritive che per la differente rappresentazione mentale che essi hanno del loro corpo.

L’ideale della magrezza e l’interesse per l’alimentazione controllata è maggiormente comprensibile se si considera la sua evoluzione nel tempo.

In Europa, tra la fine del XIX° sec. e l’inizio del XX°, la cura del corpo, l’attenzione al peso e l’uso delle diete erano pressoché inesistenti.

La maggioranza della popolazione infatti, a causa delle ricorrenti carestie rischiava quotidianamente di morire di fame, a differenza del ristretto ceto di benestanti che manifestava la propria superiorità sociale attraverso l’abbondanza alimentare.

A quel tempo, era quindi usuale associare la magrezza alla povertà ed alla malattia e la prosperità al benessere e alla salute.
Con gli anni però, la disponibilità delle risorse nutritive subì un generale aumento in tutta la popolazione, ed i ceti più abbienti iniziarono a modificare l’immagine corporea, prediligendo cioè la “qualità” alla “quantità “ dell’alimentazione, e la snellezza alla rotondità corporea.

La grande diffusione del nuovo ideale estetico di bellezza avvenne durante gli anni 20’, periodo durante il quale i mezzi di informazione dell’epoca, i modelli di abbigliamento ed i dipinti artistici rispecchiavano proprio il nuovo ideale di bellezza femminile “androgino”, cioè il corpo molto magro e longilineo.

Nel corso degli anni, la moda subì un momentaneo ridimensionamento per poi ripresentarsi stabilmente negli anni ’60.

Dagli anni ’60 ad oggi, il corpo ha assunto un valore importantissimo e parallelamente si sono anche diffuse le diete e l’attività fisica, strumenti atti a raggiungere la perfezione corporea.

La sopravvalutazione della magrezza, ha anche favorito l’aumento della vendita dei prodotti dietetici e la nascita di centri estetici, in quanto la gradevolezza fisica ed il corpo magro sono parte ormai di una cultura centrata sull’aspetto estetico.

La dimostrazione di questa omologazione all’ideale estetico è stata peraltro visibile anche a livello cinematografico.

Se negli anni ’60 infatti l’ideale cinematografico era rappresentato da attrici quali BB o Sofia Loren, a partire dalla fine degli anni ’70 primi ’80 insorge il culto del corpo palestrato.

E’ il maschio questa volta a diventare più attento alla propria immagine, ed attori quali Stallone, Schwarzenegger e Bruce Willis ne sono i rappresentanti.

Attualmente, il cinema ha ulteriormente modificato l’ideale estetico maschile e, l’ultima tendenza osservabile è il lancio a livello d’immagine, di volti e corpi belli e perfetti ma dai tratti infantili quasi effeminati come Brad Pitt e Leonardo Di Caprio, per non parlare del mondo della moda che sceglie i modelli di sesso maschile dalla corporatura non più palestrata, piuttosto di una magrezza allarmante che ha pareggiato, se non raggiunto quella femminile.

L’ideale estetico della magrezza, è dunque, strettamente collegato con il discorso alimentare, perché strumento favorevole e funzionale al controllo delle dimensioni corporee.

Alla base di tutto il discorso, crediamo sia fondamentale sottolineare quanto nell’intreccio tra la cultura del corpo ed il controllo dell’alimentazione, vi sia un “difetto individuale”, quello cioè di una profonda insoddisfazione di se stessi e della propria vita, che viene anestetizzata attraverso l’adesione totale ed incondizionata agli imperativi estetici che vigono nella nostra società.

Il comportamento alimentare è dunque il modo attraverso il quale si manifesta primariamente il rifiuto del proprio corpo.

Lentamente poi si assiste alla diminuzione dei pranzi che un tempo riunivano l’intera famiglia a favore di pasti sempre più solitari o fugaci.

Ciò che si va perdendo, quindi, non è il valore del pranzo in sé, quanto piuttosto la dimensione relazionale, affettiva, comunicativa che il momento della commensalità consentiva.