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Comportamenti adolescenziali a rischio e DCA

Che cosa accomuna un’adolescente che si riduce ostinatamente al digiuno e un giovane che rischia la vita abusando di sostanze psicoattive come alcool o droghe?
Tutte queste condotte, apparentemente molto diverse tra loro, sono definite 
comportamenti adolescenziali a rischio, in quanto hanno la caratteristica comune di poter compromettere nell’immediato o a lungo termine il benessere fisico, psicologico e sociale dell’individuo. Aldilà della specifica forma con cui si esprimono, questi comportamenti rimandano a problematiche comuni dell’adolescenza:  un disagio che a volte nasce o non trova spazio di espressione nell’ambiente familiare e che attraverso il corpo o il gruppo dei pari, traduce il malcontento, l’inadeguatezza e il malessere. Tali comportamenti disfunzionali non devono essere intesi come azioni prive di senso o come la conseguenza di cieca imitazione dei pari , ma rappresentano delle modalità dotate di senso utilizzate da numerosi adolescenti in particolari momenti della loro vita e in specifici contesti , perciò in quanto tale, non devono essere sottovalutati. La società moderna, caratterizzata da mutevoli complessità, da forti accelerazioni tecnologiche e trasformazioni socioculturali, ha un impatto notevole sugli individui. Risulta innegabile che gli adolescenti e i bambini non ricevono più le attenzioni e le cure di un tempo: una visione adultocentrica, la progressiva nuclearizzazione della famiglia e i ritmi lavorativi sempre più frenetici comportano una sostanziale caduta di interesse nei confronti dei bisogni dei figli. Questi ultimi perciò, si trovano nella situazione di cercare modalità nuove per soddisfare le proprie esigenze emotive, affettive, di contenimento, di esplorazione e differenziazione; spesso riescono a colmare tali bisogni in modo positivo, altre volte invece, sfogano le loro sofferenze con le droghe, l’alcool, il cibo o internet, sconfinando nell’abuso, nella devianza e nei casi più gravi nella patologia. Il corpo diventa il palcoscenico dove l’individuo esprime tutta la sua angoscia, la sofferenza e la solitudine che sente intorno a sé e che prova giorno dopo giorno. Il sintomo che occupa la vita dell’adolescente equivale ad una prigione in cui nascondere la paura del rapporto con gli altri e un disperato bisogno d’amore. La sofferenza dell’adolescente può assumere forme e direzioni diverse, a seconda delle caratteristiche della sua personalità e dalla possibilità di fruire di un supporto adeguato da parte del proprio ambiente di appartenenza. I dati epidemiologici, a conferma dei dati sociologici, offrono altrettante interessanti osservazioni: mentre in passato le dipendenze riguardavano fasce di popolazione più o meno definite a rischio e l’oggetto delle dipendenze riguardava principalmente le sostanze stupefacenti e l’alcool, ad oggi, il fenomeno delle dipendenze si sta sviluppando in modo trasversale colpendo ogni classe di età ed ogni categoria sociale e inoltre è associato ad altre patologie come i disturbi alimentari. Alcune ricerche sui Disturbi del Comportamento Alimentare, hanno dimostrato che vi sono numerosi elementi in comune tra questi disturbi e le dipendenze, come quelle dall’alcool e dalla droga. Il cervello umano possiede dei centri specializzati che sono normalmente attivi quando una persona si sente bene, si prende cura del proprio corpo, si comporta in maniera prudente; tali centri si attivano anche in situazioni di disturbo alimentare o uso di droghe. L’abuso di droghe in soggetti con disturbi alimentari è stato oggetto in passato di scarsa attenzione da parte degli studiosi”, affermano gli autori di una ricerca che ha affrontato questo problema, pubblicata recentemente sull’International Journal of Eating Disorders, i quali hanno condotto uno studio longitudinale prospettico, al fine di valutare la frequenza del ricorso a sostanze stupefacenti in persone affette da anoressia nervosa e bulimia. Ciò sottolinea la significativa relazione tra disturbi alimentari, patologie dell’umore e abuso di sostanze stupefacenti e alcol. In particolare viene sottolineato che nell’anoressia di tipo binge eating/purging, più che nell’anoressia restrittiva, è frequente il riscontro di altre condizioni di minor controllo degli impulsi quali appunto l’abuso di alcol o di stimolanti; lo stesso accade per i soggetti affetti da bulimia nervosa che, in un terzo circa dei casi, presenta abuso o dipendenza da alcol o stimolanti. Questi ultimi sarebbero utilizzati per il controllo dell’appetito e del peso. Ecco allora che il digiuno o l’abbuffata collegata all’abuso di alcool e droghe può rappresentare il tentativo estremo di dare forza e autonomia ad un’identità fragile e precaria, attraverso il controllo estremo dell’immagine corporea e di rispondere al bisogno di negare conflitti irrisolti presenti nella loro vita, nel rapporto con gli altri, nella loro mente. L’assunzione di un comportamento non è il semplice risultato di un ragionamento cognitivo, ma comprende molti aspetti emotivi, affettivi e sociali che incorrono a motivare l’azione.  Il disturbo alimentare o il comportamento disfunzionale in generale, è solo l’ultimo segnale di un disagio più profondo che affonda le sue radici in anni ben più remoti dello sviluppo della personalità. Inoltre, la sola conoscenza degli effetti negativi di un comportamento non è sufficiente per indurre le persone ad abbandonarlo o evitarlo. Le droghe, il cibo, il sesso, il gioco d’azzardo, la dipendenza da internet o dai telefonini hanno come scopo principale il cambiamento della percezione di sé e dell’ambiente circostante, modificano lo stato di coscienza, trasformano il disagio e modulano la sofferenza.  I disturbi del comportamento alimentare, nei loro diversi quadri (anoressia, bulimia, binge eating, obesità) sono un fenomeno in continua espansione: anoressia e bulimia sono diffusi prevalentemente tra gli adolescenti e i giovani (soprattutto, ma non solo, donne), ma anche binge eating e obesità cominciano ad emergere in età più precoci. Sono problematiche che provocano grande sofferenza, sia fisica che psichica e possono compromettere la vita sociale, familiare, lavorativa delle persone che ne sono colpite: se non si interviene, i sintomi tendono progressivamente a divenire cronici e nei casi più gravi possono essere letali. Eppure spesso rimangono avvolti da una coltre di vergogna e sepolti nelle famiglie. Perciò risulta fondamentale innanzitutto, prendere coscienza della gravità di tali problematiche e comprendere che una presa in carico di tipo multidisciplinare, con il conseguente coinvolgimento di diverse professionalità che lavorano insieme nel team clinico può essere l’approccio più idoneo per affrontare tali patologie.