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Anoressia e alimentazione, a Milano due incontri con Klinè

Kliné – FIDA Milano invita a partecipare a Milano a due incontri pubblici che ruotano attorno al tema del cibo, in concomitanza della Giornata Mondiale dell’Alimentazione (16 Ottobre).

Il primo, sul tema dell’anoressia, si terrà mercoledì 16 Ottobre, nella Sala Stampa Brigida di Palazzo Marino,Milano, alle ore 17.00 ed è promosso dall’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Milano.

Sul tema “Anoressia, malattia sociale” intervengono:

• Pierfrancesco Majorino, Assessore alle politiche sociali, Cultura, Salute del Comune di Milano

• Stefano Tavilla, presidente Associazione Mi nutro di Vita

• Rocco Cardamone, Psicologo, Associazione Mi nutro di Vita

• Serena Libertà, autrice del libro “Anoressia delle Passioni” (Albeggi Edizioni)

• Aurelio Mosca, direttore dip. ASSI Asl Milano

• Stefano Erzegovesi, Neuropsichiatra-Nutrizionista, Ospedale San Raffaele di Milano

• Domenico Cosenza, Psicoterapeuta e Psicoanalista, responsabile di Klinè e vicepresidente nazionale FIDA.

• Contributi di: Comunità Nuovi Orizzonti – Riccardo Canova, Psicoterapeuta Ospedale Melegnano – Giuseppe Vico, Università Cattolica. Modera: Ilaria Guidantoni.

In occasione dell’incontro si incroceranno esperienze e visioni nel tentativo di definire una “carta degli impegni” per avviare un percorso di aiuto. La risposta all’anoressia è da cercare in un’alleanza tra soggetti: Medici, Psicologi, Associazioni, Famiglie.

Partecipa all’incontro:

Domenico Cosenza, Psicoterapeuta e Psicoanalista, Responsabile di Kliné e Vicepresidente nazionale FIDA.

Membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi, insegna all’Istituto Freudiano e al dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Pavia ed èautore di studi e libri sui disturbi del comportamento alimentare, fra i quali “Il muro dell’anoressia” (Casa Editrice Astrolabio, 2008).

Sempre mercoledì 16 Ottobre, alle ore 21.00 in Via Maffei 18, Milano Kliné – FIDA Milano organizza l’incontro dal titolo “Il cibo tra necessità, piacere, dolore”.

Relatori Diana Scatozza, Medico, nutrizionista e farmacologo, e Pietro Enrico Bossola, Psicoanalista. Coordina Domenico Cosenza.

Una serata aperta a tutti per capire la differenza tra alimentazione e nutrizione e i perché, razionali ed emotivi, che ci spingono ad alimentarci, a nutrirci, a eccedere. A cosa servono i cibi? Perché rischiamo la malnutrizione anche in presenza di grande disponibilità di cibo? Sappiamo scegliere i nostri alimenti? Perché, mentre in molta parte del mondo si muore di fame, nei paesi “ricchi” si soffre e si muore per eccessi alimentari? Cosa significa nutrirsi, anche dal punto di vista psicologico? A queste ed altre domande è dedicata la riflessione degli specialisti che interverranno. Ricordiamo inoltre che per tutto il mese di ottobre prosegue la campagna di prevenzione, studio e consulenza su sovrappeso e obesità.

FIDA organizza in molte città italiane open day, colloqui gratuiti con Psicologi, Psicoterapeuti e Nutrizionisti, convegni scientifici, conferenze, presenza nelle piazze, trekking, letture. Un mese di iniziative riunite sotto lo slogan “L’obesità è una patologia complessa: togliti un peso, fatti aiutare”.

Kliné, associata FIDA di Milano, partecipa alla campagna offrendo un colloquio gratuito per problemi di sovrappeso e obesità e disturbi alimentari.

 

Informazioni:

√ 342.7619685

√ milano@fidadisturbialimentari.it

Il corpo femminile – Dott.ssa Eva Bocchiola

La Psicoanalisi, più di altre teorie psicologiche, spiega alcuni fenomeni somatici in termini di eventi psichici e suggerisce che il corpo femminile è un corpo parlante.

Ci sembra di poter afferrare questo concetto, i suoi rimandi all’isteria e al godimento femminile sono immediati, ma allo stesso tempo ne percepiamo l’enigma, di quale corpo stiamo parlando? E che fare di questo corpo che talvolta ci ingombra e diventa problematico? E perchè proprio il corpo femminile può aiutarci a capire qualcosa di più?

Già agli inizi del 1900 Freud sottolinea che l’inconscio ha effetti sul corpo, con grande intuizione, teorizza che il sintomo isterico simbolizza attraverso il corpo il ritorno di un affetto sofferente, vissuto in modo intenso senza la possibilità di una elaborazione mentale, di una rappresentazione. Quando parla di corpo però Freud non si riferisce all’organismo, a ciò che ci ritroviamo alla nascita, si preoccupa molto chiaramente di distinguere il corpo sia dall’organismo biologico sia dal soggetto.

Anche Lacan all’inizio ci dice qualcosa del corpo, in particolare che è il linguaggio che produce un effetto di divisione, che introduce una separazione tra il soggetto e il corpo. Ci spiega appunto che non si nasce con un corpo ma che è solo grazie all’intervento del linguaggio che gli dà un posto nell’immaginario che il corpo può costituirsi.

Con il concetto di Stadio dello specchio mostra che il bambino, per arrivare a concepirsi con un corpo completo e unificato, ha bisogno della madre (o di chi lo accudisce), gli è necessario un altro perché solo attraverso l’identificazione con l’immagine dell’altro il soggetto può acquisire l’immagine del proprio corpo.

Nonostante questo però, condizione per l’identificazione immaginaria è l’accesso del soggetto al registro simbolico attraverso la struttura del linguaggio. La costituzione dell’immagine corporea è un effetto che viene dal simbolico è un effetto della parola.

Vera è una mamma dallo sguardo vivace, negli ultimi tempi ha preso qualche chilo e al nostro primo incontro esplode: «sono ad un punto in cui se vado avanti così mi perdo! devo trovare il modo di fermarmi… ieri sera stavo tornando a casa per cena con le bambine ma prima mi sono fermata per strada a mangiare qualcosa. Mangio anche se non ho fameVera non ritrova più la donna che era prima, che le piaceva, si vergogna al punto da togliere tutti gli specchi di casa e si è decisa a cercare aiuto quando ha notato che anche le bambine stavano ingrassando.

Il problema di Vera non è di natura medica, ha preso qualche chilo ma non ha problemi organici, si sa che l’introduzione di qualche modesto cambiamento nelle sue abitudini quotidiane potrebbe risolverebbe la questione in qualche mese… Il problema però è altrove perché è la percezione del suo corpo ad essere cambiata, non è più quella di prima.

Dalle prime parole emerge che la Vera di “prima” era sposata con un uomo che amava, non aveva problemi economici ed era iscritta all’Università, interrotta poi “temporaneamente” alla nascita delle figlie.

In pochi anni si è ritrovata sola con le bambine, tante responsabilità e un futuro opaco, il lavoro è saltuario e con l’ex marito è in lotta, non vorrebbe più averci a che fare ma dal suo assegno mensile dipende per andare avanti.

In pochi incontri la sua domanda comincia a modificarsi, parlando dell’orrore per quel corpo in cui non si riconosce arriva a formulare una questione più precisa su ciò che l’affligge, riuscirò ancora a sentirmi donna (oltre la madre)?

Questo passaggio le permette di mettere a fuoco il malessere che sta vivendo, e di chiedere aiuto perchè si sente sola, in balia delle difficoltà economiche, schiacciata dalle responsabilità materne e da un senso generale di impotenza.

Il corpo ha parlato per primo. Vera mettendo in parole l’immagine del proprio corpo ha potuto cominciare ad aprire la sua personale questione sulla femminilità.

 

Dott.ssa Eva Bocchiola

FIDA Milano – Associazione Kliné

Il silenzio e la voce nell’anoressia mentale – Dott. Domenico Cosenza

I – Parola e silenzio nell’anoressia

Chi lavora con l’anoressia mentale in ambito clinico non può non rimanere colpito, se si è formato a quella pratica dell’ascolto che è stata aperta da Freud, cioè la Psicoanalisi, per un tratto singolare che incontriamo perlopiù, a partire dai primi colloqui, con il soggetto in anoressia.

Questo tratto pertiene ciò che riguarda la dialettica della parola in ciò che vi fa da sfondo strutturale, permettendone la manifestazione: la dimensione del silenzio.

E’ stato più volte sottolineato il fatto che la clinica dell’anoressia mentale si configura perlopiù come una clinica in deficit di metafora, in cui la parola nella sua funzione inconscia di messaggio fallisce, mostrando un impasse radicale nel rapporto del soggetto con il campo del linguaggio.

E’ merito degli psicoanalisti, in particolare di quelli formatisi all’insegnamento di Lacan, aver posto al centro della questione anoressica non più soltanto il circuito descrittivo peso-corpo-cibo, al cuore degli approcci descrittivi ispirati nosograficamente al DSM-IV e terapeuticamente ai trattamenti cognitivo-comportamentali; né l’orizzonte narcisistico di una fondamentale fragilità dell’Io, al cuore degli orientamenti dinamico-analitici postfreudiani sull’anoressia.

Al cuore dell’orientamento lacaniano sull’anoressia è infatti piuttosto il rapporto del soggetto anoressico con il campo del linguaggio e la dimensione del godimento interna alla soluzione anoressica.

Ciò ha condotto, nell’ultimo ventennio, a mettere in evidenza la portata antimetaforica interna all’anoressia mentale, a mostrare come in essa, ad eccezione delle forme isterico-nevrotiche, il corpo non fa metafora, e non si struttura a partire da una fallicizzazione che lo iscrive nella dialettica del desiderio.

In questa prospettiva, si rivela fuorviante ogni tentativo di ricondurre la genesi della diffusione di questo disturbo nella ragazze all’imperativo sociale alla magrezza femminile incarnato dalla moda. Proprio al contrario, l’anoressia vera si presenta proprio come uno scacco nel processo di fallicizzazione del corpo della ragazza, e come un fallimento della sua possibilità di muoversi nella dialettica del sembiante propria alla mascherata femminile (Soria, 2000, p. 52).

In questo senso, nell’anoressia mentale l’emaciazione per effetto del rifiuto di alimentarsi non ha nella gran parte dei casi valore di messaggio o di domanda, non funziona come appello all’Altro, come operazione volta a strappargli un segno d’amore. Al contrario, il rifiuto del cibo è soprattutto un’incarnazione del rifiuto dell’Altro: una maniera per difendersi, per tagliare i ponti da un Altro minacciante, invasivo, quando non addirittura persecutorio.

Al contempo, e fondamentalmente, il rifiuto diviene nell’anoressia una modalità di godimento (Cosenza, 2008, pp. 140-158), un circuito libidico non in perdita, dunque fuori discorso, che assorbe totalmente il soggetto, e che presenta non poche affinità con il godimento tossicomanico.

E’ in questo quadro che si è voluto rileggere il problema clinico del rapporto del soggetto anoressico con la parola ed il linguaggio semmai più nella logica dell’olofrase che in quella della metafora, approssimando il territorio dell’anoressia mentale alla triade strutturale psicosi-fenomeno psicosomatico-debilità mentale, indicata da Lacan nel Seminario XI (1973, pp. 264-265).

Si tratta chiaramente di un’approssimazione e non di un’inclusione vera e propria, ma che di per sé è sufficiente a renderci assai prudenti nella tentazione di ricondurre al quadro clinico dell’anoressia isterica le pazienti anoressiche che incontriamo.

Mettere all’orizzonte il riferimento alla logica dell’olofrase nella clinica dell’anoressia vuol dire cercare un punto di ancoraggio strutturale ad alcuni fenomeni clinici ricorrenti con il soggetto in anoressia. In particolare, un tratto rilevante che emerge al riguardo è dato dal rapporto desoggettivato con la parola che la paziente anoressica ci presenta.

Tale rapporto si caratterizza, per buona parte del trattamento, per una marcata stereotipia discorsiva, per una tendenza a chiudere il livello dell’enunciazione sull’evidenza dell’enunciato, per una sconnessione dall’inconscio che non fa dare al soggetto valore enigmatico alle sue produzioni oniriche, ai lapsus, alle formazioni dell’inconscio in genere.

Questa fenomenologia del rapporto del soggetto anoressico con il linguaggio si regge su una fragilità strutturale del soggetto stesso, che non gli permette di funzionare in base alla logica del discorso. Quest’ultima infatti prevede nel suo funzionamento, per come l’ha formalizzata Lacan, un soggetto diviso ($), un oggetto perduto (a) che causa il desiderio del soggetto, ed una catena significante articolata (S1-S2) entro cui sui il soggetto si costituisce e viene rappresentato da un significante per un altro significante.

Il soggetto in anoressia si presenta invece, se non strutturalmente fuori-discorso come avviene nella psicosi, “fuori discorso di fatto”, come sottolinea Dewambrechies La Sagna (2006, pp. 57- 70). L’incollamento tra i significanti che l’anoressica presenta quando parla, testimonia di un problema cruciale nell’intervallo tra i significanti, nello spazio vuoto tra un significante (S1) e l’altro (S2). Spazio che essa tende a chiudere ed annullare in quanto è proprio nell’intervallo tra i significanti che si apre lo spazio del soggetto.

Spesso questo fenomeno lo ritroviamo anche, nel lavoro analitico con pazienti anoressiche e bulimiche, rispetto al problema dell’intervallo tra una seduta e l’altra, che viene annullato dalla paziente come tempo di après-coup e di sedimentazione: la seduta seguente si presenta così caratterizzata da una sorta di “evaporazione” di quanto emerso nella seduta anteriore.

La chiusura strutturale di tale intervallo tra S1 ed S2 caratterizza l’olofrase nella triade psicosi-fenomeno psicosomatico-debilità mentale, ma alcuni autori hanno parlato di un’olofrase di posizione, e non di struttura, a proposito di quelle forme di anoressia mentale non riconducibili chiaramente ad una struttura psicotica, né interne al quadro isterico-nevrotico.

II – Un silenzio che non risuona

Ora, la questione che vorrei qui affrontare è provare a interrogare il congelamento della portata simbolica della parola proprio all’anoressia mentale a partire dal suo rovescio, cioè alla luce del silenzio che fa strutturalmente da sfondo alla parola.

Se infatti è già accaduto che ci si occupasse nel nostro campo (ma anche nell’ambito della psicosomatica, rispetto alla questione dell’alessitimia) delle criticità del funzionamento della parola nell’anoressia, assai più raro è l’averne interrogato il silenzio. Le considerazioni che seguiranno sono dunque un tentativo d’inquadramento analitico dello statuto del silenzio nell’anoressia.

Sappiamo dall’esperienza analitica che esistono differenti graduazioni del silenzio, e che nell’arco di un’analisi il soggetto analizzante fa differenti esperienze del proprio silenzio, e del rapporto con il silenzio dell’analista. Non è qui mia intenzione entrare in merito alla complessa fenomenologia del silenzio in analisi, ma semplicemente m’interessa individuare alcune coordinate che possono permetterci d’inquadrare meglio la specificità dell’incontro con il silenzio nel soggetto in anoressia.

Distinguerei allora semplicemente un silenzio d’inizio analisi da un silenzio di fine analisi, cercando di mettere in evidenza la differente tonalità tra questi due silenzi.

Il silenzio d’inizio analisi, in un nevrotico, si presenta come un silenzio che lo divide, un silenzio che turba anzitutto il soggetto che ne è portatore. E’ un silenzio dialettico, che trattiene una parola, che veicola una domanda all’analista che l’analizzante non riesce a formulare. E’ un silenzio che ha la struttura del silenzio-messaggio. E’ anche, a volte, una provocazione, una sfida rivolta all’analista: un silenzio che provoca l’Altro alla parola, un silenzio-causa-di-parola. “Perché non parli?”, è la domanda che il silenzio del nevrotico rovescia sul silenzio dell’analista, quando il silenzio assume il tratto della domanda di parola rivolta all’Altro.

Il silenzio di fine analisi si presenta con una tonalità molto diversa: è un silenzio che non domanda più nulla. E’ più un silenzio-risposta che un silenzio che domanda. Affonda la sua esperienza più nel reale del soggetto, è una modalità di esistenza e di accoglienza del reale che lo riguarda, il quale è senza senso. Non si tratta di un silenzio di chiusura verso l’Altro, senza l’Altro, ma piuttosto di un silenzio che si emette al di là dell’Altro, che assume l’Altro nel suo punto strutturale di inesistenza e di non garanzia. Non è un silenzio che vuole essenzialmente essere riconosciuto. E’ un silenzio limite, in cui il soggetto può sostare senza sentirsi in difetto di parola.

Che si tratti del silenzio all’inizio e per lungo tempo, oppure in conclusione dell’analisi, ciò che caratterizza l’esperienza del silenzio in un nevrotico è dato dal fatto che si tratta pur sempre di un silenzio che, in modi diversi, risuona.

Nel silenzio-domanda è la risonanza dialettica del silenzio a farla da padrona, riproducendo nell’analisi la dinamica di rapporto con l’altro propria al fantasma fondamentale del soggetto.

Nel silenzio di fine analisi ciò che risuona non è più essenzialmente riconducibile alla dialettica fantasmatica ed alla sua simbolizzazione, ma è qualcosa che riguarda il rapporto del soggetto con il reale a lui più intimo, con l’oggetto che lo causa, ed ha dunque a che fare più che con la parola con la voce che la parola contiene velandola.

Pensando ora alla clinica dell’anoressia mentale, diventa per noi interessante interrogare la questione del silenzio, nel suo rapporto con la parola e con l’oggetto voce, e provare a vedere se è possibile isolare degli elementi ricorrenti che ne strutturano il campo d’esperienza. Il riferimento ad alcune situazioni cliniche ci sarà d’aiuto in questa operazione.

Una prima ipotesi che vorremmo avanzare è che, nella clinica dell’anoressia mentale nelle sue forme non nevrotiche, il silenzio non si presenta, perlomeno per lunga parte del trattamento del soggetto, nella forma di un silenzio che risuona. Non a caso, la fenomenologia delle sue forme di manifestazione tende a strutturarsi attorno a due polarità: la parola che chiude lo spazio del silenzio, oppure un silenzio che s’inabissa senza limite. Il primo caso, la parola che chiude lo spazio del silenzio, è molto diffusa ed evidente soprattutto nei primi tempi del trattamento, e si presenta come un tentativo di coprire, attraverso una parola vuota e stereotipata, ogni spazio di enunciazione soggettiva nel discorso.

In diversi casi ciò avviene attraverso una ruminazione forsennata, espressa attraverso un discorso assolutamente stereotipato, attorno al tema del cibo, del peso, delle calorie. E’ quanto Amanda, una paziente anoressica restricter ricoverata in comunità terapeutica, espresse una volta con una formula efficace dicendo che aveva la sensazione pressante di “avere il cibo nel cervello”, di “avere la testa piena di cibo”, e di non pensare ad altro che a quello. Questa ruminazione continua attorno al cibo, così caratterizzante la condotta di queste pazienti, che chiude lo spazio del soggetto e l’intervallo tra significanti necessario alla sua divisione, ci interroga attorno alla sua funzione specifica e paradossale, trattandosi di un pensiero continuo e forsennato attorno all’oggetto, il cibo, di cui esse si privano.

Lacan ci offre, con un’intuizione formidabile, una lettura di questo problema clinico, in una lezione del suo Seminario XXI, “Les non-dupes errent”, dove s’interroga proprio su questa ossessione del discorso delle anoressiche sul cibo, provando a farsi dire da loro quale ne sia la ragione.

Ciò che Lacan sostiene è che questa parola stereotipata continua attorno al cibo ha la funzione di difendere il soggetto anoressico da qualcosa che gli fa orrore: l’incontro con il buco nel sapere, con l’inesistenza dell’Altro. Potremmo dire allora che l’anoressica si difende dall’emergenza dell’inconscio nel suo statuto reale e senza garanzia, nel suo funzionamento di pulsione.

L’olofrase di posizione propria all’anoressia mentale, congela il rapporto del soggetto con il proprio inconscio, sconnettendone il rapporto. Per questa ragione, nel percorso delle cure di pazienti anoressiche accade costantemente che, quando la stereotipia discorsiva s’incrina, emerge dal loro discorso un’angoscia peculiare che esse riportano come legata all’incontro con l’esperienza del vuoto. La stereotipia difende l’anoressica dall’esperienza del vuoto, che strutturalmente si apre quando incontrano qualcosa che presentifica per loro il buco nel sapere. Per esempio, per molte di loro è insopportabile, nel trattamento in istituzione residenziale, che vi sia un tempo non strutturato, non riempito completamente da attività, lasciato alla propria decisione.

Un tipico principio che organizza il funzionamento del soggetto in anoressia, ossia la polarizzazione rigida “tutto o niente”, possiamo ritrovarlo operante anche attorno al problema del rapporto tra parola e silenzio. Da un lato infatti, un versante tipico è dato, come abbiamo visto, dalla parola stereotipata che annulla lo spazio del silenzio e la sua funzione di tempo d’intervallo tra i significanti. In questo versante, la parola vuota chiude il silenzio, lavora ad annientarlo.

Nel versante opposto, abbiamo alcuni casi, più rari, in cui l’anoressia si presenta, sul piano del linguaggio, nella forma di un silenzio che stermina lo spazio della parola. Un silenzio senza parola. Si tratta di casi nei quali ci troviamo davanti a delle forme di anoressia in cui il soggetto si presenta sul piano della parola come mutacico.

Il silenzio si presenta qui come osceno, sganciato dalla dialettica della parola, fuori dalle leggi del discorso, in una posizione limite. Si tratta di casi, che potremmo chiamare di “anoressia verbale”, nei quali, sovente, la soglia tra l’anoressia e l’autismo è sottile, ed in cui l’entrata in campo della parola assume per il soggetto un valore di alienazione insopportabile.

Anche a questo riguardo Lacan ci viene in aiuto, laddove nel Seminario X, “L’angoscia”, ci ricorda che la condizione che permette la risonanza nell’esperienza umana della parola, è data dal fatto che la voce come oggetto pulsionale possa essere stata perduta dal soggetto, divenendo dunque qualcosa di separato da lui, dunque di estraneo anche se intimo. Il fatto che la voce sia stata perduta, permette al soggetto d’incorporarla (Lacan, 2004, pp. 317-321).

Questo permette alla voce di risuonare nel vuoto dell’Altro, nel suo punto di non garanzia. Questa extimità dell’oggetto vocale è quanto struttura la posizione del nevrotico nel suo rapporto singolare con la parola ed il campo del linguaggio nel quadro della dialettica di alienazione e separazione. Ma è anche quanto contrassegna il suo rapporto con il sapere come campo strutturato attorno ad un buco, omologo alla perdita dell’oggetto che causa il suo desiderio.

Nella psicosi, il soggetto non fa l’esperienza della perdita dell’oggetto voce, e quest’ultima non a caso fa ritorno nel reale attraverso il fenomeno dell’allucinazione acustica. Il soggetto qui è braccato ed invaso dalla voce, la quale non è separata da lui. Solo se la voce è separata, solo se è stata perduta, può risuonare per il soggetto, prendendo corpo nella sua esperienza del silenzio e della parola. Altrimenti, la sua manifestazione prenderà più la forma della voce che comanda, che punisce, che condanna senza rimedio.

La clinica dell’anoressia mentale è raramente una clinica in cui i fenomeni elementari dell’allucinazione acustica s’impongono. Ciò avviene nei casi di psicosi franca, e spesso la voce comanda al soggetto di rifiutare il cibo perché avvelenato o contaminato, oppure nelle forme anoressico-bulimiche impone di divorarlo senza limiti.

Perlopiù invece ciò che accade è che il comando superegoico s’imponga sul soggetto spietatamente, ma senza che la voce assuma la forma di un altro concreto (la madre, il padre… ) che comanda al soggetto di mangiare o di rifiutare il cibo. Non abbiamo dunque una vera e propria strutturazione di un’allucinazione acustica nell’anoressia mentale, ma abbiamo perlopiù uno scatenamento dell’ingiunzione superegoica, che rende impossibile al soggetto sperimentare l’effetto di risonanza interno alla dialettica della parola ed alla funzione del silenzio come sfondo della parola.

Domenico Cosenza

FIDA Milano – Associazione Kliné

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Bibiliografia

Cosenza D., Il muro dell’anoressia, Astrolabio, Roma, 2008;

Dewambrechies La Sagna C., “L’anorexie vraie de la jeune fille”, La Cause Freudienne, n. 63, juin 2006, pp. 57-70;

Lacan J., Le Séminaire. Livre X. L’angoisse, 1962-1963, Seuil, Paris 2004;

Lacan J., Le Séminaire. Livre XI. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, 1964, Seuil, parís, 1973;

Lacan J., Le Séminaire XXI. Les non-dupes errent. 1973-1974, lezione del 9 aprile 1974, inedito.

Soria N., Psicoanalisis de la anorexia y la bulimia, Tres haces, Buenos Aires 2000.

I momenti di KLINE’: Presentazione del libro di Pamela Pace “Il domatore di Leoni”

Lunedi 15 Aprile 2013 ore 21.00 – Presentazione del libro di Pamela Pace “Il domatore di Leoni”

Via Andrea Maffei 18 – Milano

 

Interverranno:

√ Domenico Cosenza: Psicoanalista Slp, docente Istituto Freudiano, responsabile Kliné
 Leonardo Mendolicchio: Psichiatra, Psicoanalista Slp, direttore Villa Miralago
 Paola Morosini: Neurosichiatra infantile – A. O. di Lodi – Didatta Scuola di Psicoterapia Mara Selvini

 

Parteciperà alla discussione:

 Pamela Pace: Psicoanalista, Presidente Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori, autrice del libro

Scarica la locandina dell’evento

 

Dipartimento sulle patologie alimentari: la clinica dell’anoressia nell’orientamento lacaniano

Roma – Sabato 16 Marzo 2013 – 09.30 – 17.00 – Dipartimento sulle patologie alimentari: la clinica dell’anoressia nell’orientamento lacaniano

 

Programma:

 

9.15 – 9.30 – Accoglienza

9.30 – 9.45 – Apertura lavori: Antonio Di Ciaccia

9.45 – 10.15 – Fondamenti della lettura lacaniana dell’anoressica

 Domenico Cosenza – Il “mentale” dell’anoressia

10.15 – 10.45 – Dibattito

10.45 – 11.00 – Pausa

11.00 – 11.30 – Fulvio Sorge – Il peso del sapere

11.30 – 12.00 – Marcello Morale – Una clinica della lettera

12.00 – 13.00 – Dibattito

Discute:

√ Celine Menghi

14.00 – 16.00 – Il trattamento: casi clinici

Casi presentati da:

 Beatrice Bosi

 Giuliana Canannelli

 Elisabetta Spinelli 

16.00 – 17.00 – Dibattito

Coordina:

 Ezio De Francesco

Discute:

 Pietro Bossola

 

Sala delle Suore Figlie di Maria Immacolata – Via Palestro, 23 – Roma

Quota partecipazione alla singola giornata:50 €

Quota studenti: 25 €

 

I momenti di KLINE’: Presentazione del n. 50 LA PSICOANALISI L’anoressica e l’inconscio

Lunedi 25 Febbraio 2013 ore 21.00 – Presentazione del n. 50 LA PSICOANALISI L’anoressica e l’inconscio

Via Andrea Maffei 18 – Milano

 

Interverranno:

Fabio Galimberti: Psicoanalista Slp, docente Istituto Freudiano

 Marco Riva: Psichiatra kliné, coordinatore Centro per l’ansia e la depressione A. O. Fatebenefratelli

√ Roberta Resega: Psicologa Psicoanalista, docente SIPRe responsabile Centro Clinico Area 25 di SIPRe.

 

Parteciperà alla discussione:

 Domenico Cosenza: responsabile klinè, docente Istituto Freudiano e curatore del volume

Scarica la locandina dell’evento

Inaugurazione KLINE’

Touring Club e Kliné: un nuovo modo di parlare di cibo

 

Il Touring Club, e la sua storica Fondazione del Buon Ricordo, in collaborazione con l’Associazione Kliné presenteranno ai milanesi un nuovo modo di parlare di cibo.

Sabato 17 Novembre, presso la prestigiosa sede del Touring Club, l’Associazione Kliné ha organizzato un singolare “Viaggio nella nutrizione e nel disagio alimentare della società contemporanea”.

Questo è il titolo di una giornata in cui si parlerà di cibo, e di disagio alimentare, a vari livelli. Al mattino, dalle 10 alle 13, i milanesi potranno infatti parlare delle loro difficoltà con il cibo con l’équipe di Kliné che offrirà una consultazione gratuita – psicologica, psichiatrica e nutrizionale – a quanti si presenteranno.

Nel pomeriggio saranno poi gli specialisti a prendere la parola, interrogando la linea di confine tra disagio alimentare e vero e proprio disturbo del comportamento alimentare. Tre Psicoterapeuti responsabili di centri per i disturbi alimentari – Domenico Cosenza (Kliné), Laura Benvenuto e Pamela Pace – dialogheranno con la Nutrizionista Diana Scatozza e lo Psichiatra Marco Riva.

La giornata si concluderà con l’inaugurazione dell’Associazione Kliné, nuova nata della Federazione Italiana Disturbi Alimentari (FIDA).

Si potrà accedere alla consultazione psicologica e/o nutrizionale gratutita, offerta dall’équipe di Kliné il mattino dell’evento, anche senza prenotazione.

 

Per informazioni e prenotazioni:

cell: 342 7619685 o attraverso il modulo di contatto che trovate qui

Sabato 17 Novembre 2012

Touring Club Italiano

Corso Italia, 10 Milano

Sala Consiliare

 

Programma:

Mattino

10.00 – 13.30 – Open Day. Disturbi alimentari: parliamone

A cura di Kliné

Il Touring Club è aperto al pubblico per consultazioni gratuite su:

• nutrirsi in modo sano

• disturbi alimentari: compulsione alimentare, obesità e anoressia

 

Pomeriggio

14.30 – 14.45 Introduzione al convegno e saluti

14.45 – 16.30 Tavola rotonda. Coordina: M. Fadda

Dal disagio alimentare ai disturbi del comportamento alimentare: un passo breve?

Partecipano alla Tavola Rotonda: L. Benvenuto, D. Cosenza, P. Pace, M. Riva, D. Scatozza

16.30 – 17.30 Presentazione ufficiale di Kliné

Associazione per la cura e la ricerca sui sintomi alimentari e i legami di dipendenza

F. Cordeschi, L. Ciccolini

Equipe di Kliné

Scarica il programma dell’evento